sacrificio di odino

Odino Runatal

codice: 316

Odino di sangue nel brano in sacrifica sé stesso ad Odino. Il padre degli dei nordici impicca sé stesso in sacrificio a sé stesso e appeso all'albero della vita (Yggdrasil). muore, rinasce ed impara molte fra cui le rune.

codice: 316
larghezza (cm): 52
altezza (cm): 32
disponibile subito: no
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supporto: Vellum
materiali e strumenti: Oro in conchiglia, Penna d'oca, Sangue
  • Edda poetica - Hâvamâl stanze 138/141
  • * L'Edda poetica (anche nota come Edda in poesia o Edda maggiore) è una raccolta di poemi in norreno, tratti dal manoscritto medioevale islandese Codex Regius. Insieme alla Edda in prosa di Snorri Sturluson, l'Edda poetica rappresenta la più importante fonte di informazioni a nostra disposizione sulla mitologia norrena e sulle leggende degli eroi germanici.
  • L'Hávamál ("La canzone di Harr, l'eccelso", in norreno) è la seconda composizione dell'Edda poetica.
    Come la Profezia della Veggente, anche questo è un lungo monologo, e a parlare è Odino, qui chiamato con l'epiteto di Hár (l'Alto o l'Eccelso), da cui anche gli altri titoli con i quali il poema è conosciuto: Canzone dell'Alto o Canzone dell'Eccelso.
    Evidenze storiche e linguistiche mostrano che le sue parti più antiche risalgono con ogni probabilità all'inizio del X secolo.

Lo so io, fui appeso
al tronco sferzato dal vento
per nove intere notti,
ferito di lancia
e consegnato a Óðinn,
io stesso a me stesso,
su quell'albero
che nessuno sa
dove dalle radici s'innalzi.
Con pane non mi saziarono
né con corni [mi dissetarono].
Guardai in basso,
feci salire le rune,
chiamandole lo feci,
e caddi di là.
Nove terribili incantesimi
ricevetti dall'illustre figlio
di Bǫlþorn, padre di Bestla,
e un sorso ottenni
del prezioso idromele
attinto da Óðrørir.
Ecco io presi a fiorire
e diventai saggio,
a crescere e farmi possente.
Parola per me da parola
trassi con la parola,
opera per me da opera
trassi con l'opera.

Edda poetica - Havamal stanze 138/141

Veit ek, at ek hekk vindga meiði á
nætr allar níu, geiri undaðr
ok gefinn Óðni,
sjalfr sjalfum mér,
á þeim meiði, er manngi veit
hvers af rótum renn.
Við hleifi mik
sældu né við hornigi;
nýsta ek niðr, nam ek upp rúnar,
æpandi nam, fell ek aftr þaðan.
Fimbulljóð níu nam ek
af inum frægja syni Bölþorns, Bestlu föður,
ok ek drykk of gat
ins dýra mjaðar, ausinn Óðreri.
Þá nam ek frævask
ok fróðr vera
ok vaxa ok vel hafask,
orð mér af orði
orðs leitaði,
verk mér af verki
verks leitaði. 

Edda poetica - Havamal stanze 138/141