La poesia "Trenodia" tratta dalle "Ballate nere" di Diego Riccobene compra il libro su Amazon
- codice: 610
- larghezza (cm): 50
- altezza (cm): 70
- disponibile subito: no
- valuta tempi: tempi di produzione
- supporto: Vellum
- materiali e strumenti: Inchiostro ferrogallico, Penna d'oca, Tecnica mista
- in collaborazione con: Elisa Lo Presti
TRENODIA
La piccola ha mangiato
la testa di un’allodola.
Il gaio volto splende,
cornice pura d’occhi
in guscio liscio e saldo,
prosimetro del mondo;
i suoi capelli fiabe
deliziano i pidocchi,
di plastica un gioiello
adorna l’albo collo
chissà? dono nuziale
d’un giornalaio zoppo.
D’averla vista giura
l’autista di corriera
sul bivio masticare,
la fera bocca piena,
ranuncolo sbocciato
nel sangue a primavera
che già lusinga il mirto
ma nulla indora il dito:
il detto giornalaio
evacua inorridito.
La piccola ha mangiato la testa di un’allodola.
Il corpicino freme,
la mano si fa chiostra
e trema ancora l’ala
nel nervo della vita.
Di poi che madre e padre
distratti da un banchetto,
dalla mensile questua,
cenciosa sorte in centro,
la strillano e la battono:
“T’è caro uscir di senno?”
risponde lei con grazia,
succhiando brune piume:
“Ho il naso curvo e storto,
le invidio il dritto becco”.
Un convenuto afferma
d’avervi scorto un fremito,
un tirso a nodo d’edera
celato nell’anelito.
La piccola ora canta
con voce d’alma allodola.