Un libro che è un appello al ritorno alla scrittura manuale e che è un racconto di come si possa sconfiggere la disgrafia (disturbo dell’espressione scritta che riguarda il 20 per cento degli studenti italiani, dei quali maschi 8 su 10) rieducando la motricità fine dei bambini anziché consegnandoli al computer. In Il corsivo encefalogramma dell’anima (La memoria del mondo, 159 pagine, 18 euro) una grafologa e uno psicologo spiegano i danni cognitivi, emotivi, relazionali che a bambini ed adulti può causare l’abbandono della scrittura a mano, specialmente in corsivo, a favore dell’utilizzo esclusivo delle tastiere dei computer e degli smartphone.
I bambini usano le mani molto meno di cinquant’anni fa e allo stesso tempo familiarizzano con le tecnologie digitali troppo presto, con conseguenze davvero preoccupanti: «L’azienda specializzata in ricerche su internet AGI/AVG ha dimostrato che i bambini di oggi sono in grado di scrivere al PC, navigare su internet, utilizzare il cellulare, ma non sanno allacciarsi le scarpe in autonomia (solo l’11% lo sa fare) o andare in bicicletta». Davanti all’allargarsi del fenomeno della disgrafia, alcuni chiamano in causa alterazioni genetiche, invece Irene Bertoglio e Giuseppe Rescaldina sostengono «la teoria della mancanza di un giusto training formativo atto ad instaurare nei bimbi l’acquisizione della manualità fine», e puntano il dito sull’invadenza delle tecnologie digitali come fattore negativo, appoggiandosi a parecchi studi scientifici sulla questione.
Per esempio «la psicologa e ricercatrice dell’università di Washington, Virginia Berninger, ha condotto uno studio interessante, confrontando la scrittura in stampatello, in corsivo e su tastiera di un gruppo di bambini della Scuola Primaria. Così ha scoperto che alle diverse modalità di scrittura sono associati schemi cerebrali differenti e separati che producono diversi risultati. Si sono notate significative differenze tra chi ha utilizzato il carattere corsivo rispetto a coloro che hanno utilizzato lo stampatello. Nei primi bambini si è rivelata una maggiore attivazione delle aree cerebrali associate alla memoria di lavoro con un aumento dell’attivazione delle reti di lettura e scrittura. Citiamo: “I bambini che scrivono a mano libera producono più parole e più rapidamente di quanto facciano coloro che scrivono su una tastiera; inoltre, rispetto a questi ultimi, mostrano una maggiore ricchezza di idee”».
Lo conferma il presidente onorario dell’Accademia della Crusca Francesco Sabatini, citato nel libro: «Gli studi più recenti, di psicoterapeuti e neurologi, segnalano che la deriva verso la scrittura su tastiera o verso forme semplificate di scrittura manuale (lo stampatello, rispetto al corsivo) riduce gli stimoli di produttività ideativa e linguistica e rallenta la comprensione nella lettura. (…) Insomma, la recente e dilagante tendenza a preferire precocemente la tastiera e a non curare le forme della grafia personale ci fa perdere una parte notevole degli effetti che l’antichissima pratica tattile-cognitiva della mano e delle dita – in mille altre attività prima della scrittura vera e propria e per secoli accanto a questa – ha prodotto filogeneticamente sviluppando funzioni pregiate del cervello!». E ancora: « In una ricerca a lunga verifica temporale, la dott.ssa Laura Dineheart, ricercatrice alla Florida International University, ha accertato che i bambini che avevano imparato a scrivere manualmente nei primi anni di scuola raggiungevano migliori risultati negli studi alle superiori, rispetto ad altri che avevano dato priorità all’uso della scrittura con tastiera»
Occorre rallentare, e recuperare i benefici della scrittura a mano, preferibilmente in corsivo. Come scrive l’Istituto Grafologico Internazionale Moretti (il francescano padre Girolamo Maria Moretti, 1879-1963, è stato l’iniziatore della grafologia in Italia) nel suo manifesto per il lancio della Campagna per la valorizzazione della scrittura a mano: «La scrittura a mano corsiva stimola a: migliorare la capacità di lettura e di calcolo; potenziare la capacità di attenzione e di apprendimento; imparare l’autodisciplina e la concentrazione; allenare la memoria e accrescere la fiducia in se stessi; favorire il pensiero critico; costruire buone relazioni comunicando le proprie idee; esprimere la creatività individuale ed uscire dall’anonimato incoraggiando l’originalità individuale».
Nella parte finale il libro descrive il Metodo Primavera (dal nome di Susanna Primavera, la grafologa che lo ha inventato), una particolare tecnica di insegnamento della scrittura indicata per la Scuola Primaria che ne facilita l’apprendimento, e racconta le sperimentazioni e le esperienze sul campo di Irene Bertoglio e Giuseppe Rescaldina presso le scuole di varie località lombarde.