(o anche: Qualche parola in più sulla Bibbia di Borso d'Este aka "il manoscritto bello del mondo")
Anzitutto, nella prima foto, puoi vedere il dott. Diego Bortoluzzi , che mi ha accompagnato in questa impresa che al pensier rinnova l'emozione.
Se segui da un po' le vicende dello Scriptorium, del dott. Bortoluzzi hai sentito parlare in un paio di unccasioni: una qualche giorno fa, quando parlavo di quella pergamena destinata a distruggersi per via della muffa vinosa, e un'altra volta ne hai sentito parlare per quella MONUMENTALE pergamena di nozze ispirata al matrimonio di Ludovico il moro nei primi del 1500, ( metto link di entrambe queste storie nei commenti); lui, è un ausilio prezioso in diverse occasioni, per via della sua sesquipedale preparazione paleografica, unita alla pratica della scrittura a penna d'oca (quando fa rievocazione, interpreta il notaro, quindi si trova effettivamente a scrivere all'antica), e ad una conoscenza profonda di letteratura e linguistica.
Insomma è l'uomo che hai piacere ad avere con te, pianificando di andare a consultare il manoscritto più bello del mondo, perché Diego ha cose da dire ed io voglia di ascoltarle!
Le successive quattro foto sono pagine della bibbia di Borso; non sono foto che ho fatto io, però.
Quelle mi dicono che non posso pubblicarle, per non creare problemi alla biblioteca (e probabilmente anche a me stesso). Quindi le mie foto di studio, i dettagli delle finiture, debbono rimanere private, ma posso mostrare le foto di pubblico dominio e raccontare qualche impressione.
La bibbia di Borso d'Este è il libro più prezioso d'Italia, questo è oggettivo.
Le operatrici della biblioteca, difatti, ce lo hanno introdotto dicendo qualcosa di questo tipo (quasi testuale):
"Spero vi rendiate conto dell'onore eccezionale che vi stiamo rendendo; questo codice non usciva in originale da anni e dopo di voi non uscirà per anni. Oggi siamo in due per il controllo e la vigilanza, ma solo perché la biblioteca non può chiamare i carabinieri, altrimenti avremmo il cordone di sicurezza"
Aggiungo come nota personale che il loro discorso NON mi è sembrato esagerato.
Poi hanno cominciato a sfogliarlo per noi...
Tutte le pagine di entrambi i volumi sono decorate, e di certo il (capo) miniatore Taddeo Crivelli non ha lesinato in oro ed illuminazioni.
Ogni singola pagina ha un minimo di tre importanti "punti di luce", in taluni casi persino quattro, cinque o sei.
L'occhio viene praticamente coercito da questi punti di luce a girare un po' per la pagina, prima di soffermarsi sul testo.
Un'altra cosa che sbalordisce di quel manoscritto è la profondità dei colori.
Le foto che puoi vedere qui sotto sono abbastanza fedeli, cosa che sinceramente, prima di vedere l'originale, faticavo un po' a credere.
Di manoscritti ne ho visti molti nelle mie tante visite ai musei, e ne ho prodotti una discreta quantità in prima persona;
Devo ammettere di aver visto raramente (forse mai) una tale profondità di colori in un manoscritto. Il blu in particolare ha un'intensità pazzesca, anche confrontandolo con manoscritti di quasi altrettanto pregio e splendore. Ad esempio, immediatamente dopo la bibbia di Borso, ho avuto il privilegio di poter consultare un'altro manoscritto che raramente viene messo a disposizione del pubblico: il celebre "breviario di Ercole d'Este" il cui link metto nei commenti. Noterai come il blu ha delle tinte assai più spente, assai più grigie, imparagonabili a sua maestà la bibbia di Borso.
Altre due note di merito sulla tecnica miniatoria: la prima è la qualità dei tratti sottili, le filigranature, le ombreggiature al tratteggio, le lumeggiature in biacca. Sia ad inchiostro che a tempera, tutta la decorazione è piena di tratti così sottili da sembrare capelli d'angelo, così esageratamente sottili e perfetti da mandarmi ai matti, da mettermi i dubbi su come sia possibile ottenerli con gli strumenti che anche io conosco ed uso!
La seconda nota riguarda le velature: la stesura di un colore su una base di colore, fatta in modo che il colore sopra lasci intravedere quello di sotto. È una tecnica che splende nell'olio e soffre un po' con la tempera all'uovo (almeno per quanto ne so, e per quel che pratico); invece tutte le miniature e i decori della bibbia sono ricchissimi di velature finissime, praticamente pittoriche, e fatte su delle misure infinitesimali, pari in tutto e per tutto a quelle dei francobolli.
Dopo aver visto quelle velature ho dubitato che il manoscritto sia stato miniato a tempera... ma a dirla tutta ho pure dubitato che sia stato miniato dagli umani, quindi su questo magari non vado preso sul serio.
Discorso a parte per lo scritto. Opera di un'unica mano (!!!).
Scritto in "littera antiqua" che io avrei colloquialmente chiamato "gotica all'italiana" (e che non posso chiamare "semigotica" sennò il dott. Bortoluzzi mi bacchetta chiedendomi "se metà è gotica, cosa è l'altra metà!?"), più morbida, arrotondata, quadrata rispetto ai rettangolari e spigolosi modelli tedeschi; non proprio "rotunda" come sarà più avanti, ma si vede che la direzione è quella (lo vedi bene dalle "g" e dalle "d" minuscole, dai piedini piatti delle "m", dalle maiuscole nere).
Ha un ritmo serrato, compatto, ed una consistenza notevole, ma non "ingessata": si vede che lo scriptor ha una mano molto regolare e abituata allo stile, ma si vede anche che procede sciolto, abbastanza rapido, riservando le giuste cure ad ogni lettera, ma senza soffermarsi mai un istante più del necessario. In pratica si è preso tutto il tempo occorrente per fare un ottimo lavoro senza indulgere in vezzi leziosi. Il fatto di aver usato un'unica mano per tutto il testo, conferisce una consistenza ed una continuità di fondo davvero appagante.
Le tracce del tempo:
Il tempo è stato abbastanza generoso con la bibbia di Borso, probabilmente perché sin da subito è stato chiaro il valore di quest'opera e ce se ne è presi una certa qual cura.
Personalmente reputo che sia stato più generoso con la parte miniata che con quella scritta.
Nella miniatura vediamo qualche sporadico danno causato dal colore saltato in qualche punto.
Come puoi vedere dalle foto ci sono grandi porzioni di pagina coperte da uno strato compatto di colori; immagina lo stress e la tensione a cui ciascuno di quegli strati di colore viene sottoposto quando la pagina viene voltata e si deforma e si piega.
Quando la tempera non è sufficientemente elastica (di solito la si rende più elastica aggiungendo un po' di miele all'impasto), può creparsi e in seguito a sollecitazioni, saltar via.
Nella bibbia di Borso è successo in qualche raro punto.
Per lo scritto il discorso è differente: si nota una certa differenza nella degradazione dell'inchiostro ferrogallico fra la parte pelo e la parte carne della pergamena. Paradossalmente la parte del pelo, che è quella che si scrive meglio, è quella che con il tempo se l'è cavata peggio: mediamente il ferrogallico si è degradato un po' di più, ed inoltre il contrasto dello scritto su pagina è un poco inferiore perché lo sporco tende a depositarsi nei fori piliferi (che non si vedono sul lato carne), ma soprattutto su diverse pagine lo scritto in alcune zone (anche abbastanza ampie) è come "abraso"; sia noi che le operatrici della biblioteca abbiamo ipotizzato che sia l'effetto dello sfregamento fra le pagine ad ogni movimento del libro (immagina di maneggiare un vocabolario, e pensa a quando lo apri o a quando lo appoggi sul tavolo, o anche a quando lo estrai dalla libreria: in tutti quei movimenti ci sono pagine che sfregano fra di loro).
Questo effetto è più visibile nelle pagine lato pelo che in quelle lato carne (immagino perché il lato pelo ha una consistenza più compatta e cerosa rispetto al lato carne, e quindi se anche l'inchiostro viene assorbito dalla pergamena su entrambi i lati, su quello pelo - forse - viene assorbito un po' più superficialmente e quindi può essere più soggetto ad abrasione).
Comunque, nella maggior parte dei casi, questo effetto non inficia la leggibilità delle parole, solo la perfezione del tratto, ed anche nei punti (in realtà piccoli) in cui questo problema si "mangia" qualche lettera, il testo è piuttosto famoso e non si fa fatica a ricostruirlo.
Vorrei dire anche tanto d'altro, e parlare degli altri manoscritti che abbiam visto, sia in consultazione che alla mostra (mostra che consiglio, congiuntamente alla visita alla galleria, ed il cui link metto nei commenti).
Ma vedo che già solo parlar della bibbia, ha reso questo post un papiro quasi inaffrontabile.
Magari delle lettere di Matteo Maria Boiardo, del Breviario di Ercole, della neoconiata "cerulica", e dei "mecha zord"cinquecenteschi vi parlerò in un'altra occasione.
Quello che vorrei sapere, sinceramente, è se post del genere son troppo tecnici e noiosi, oppure se analisi simili a questa (o anche più approfondite) ti interessano, così so anche come regolarmi nei prossimi post in cui ti racconterò un po' del resto delle meraviglie viste lì ed altrove.
La bibbia di Borso d'Este
CANTO LE PERGAMENE, LE PENNE E I LORO EROI