La filigranatura del capolettera fatta a pennellino di martora con biacca a tempera all'uovo.
Sono gli ultimi tratti del lavoro, i più pericolosi, quelli in cui di solito si annida l'errore (i miei colleghi, e una miriade di artisti potranno confermare che il momento in cui è più probabile sbagliare è proprio alla fine del lavoro, quando l'ansia del traguardo apre la porta alle disattenzioni)
La pergamena è una replica del codex Urb Lat 249 dal folium 51r, l'incipit del liber tertius di un "De Medicina" di Aulo Celso, decorato a partire dal 1476 dal mio amato Gioacchino de Gigantibus nel meraviglioso stile dei "bianchi girari" e scritto in una elegantissima "mano umanistica" (è la nonna del classico "Garamond" editoriale) per la corte aragonese di Napoli.
L'occasione è il dono ad un medico da parte di un mio committente, che voleva qualcosa di speciale, diverso dal "classico" Giuramento di Ippocrate, che coniugasse bellezza, storia, letteratura, pregio, e l'idea di provenire da una catena lunghissima di persone che nella storia si sono prese cura degli altri.
Abbiamo pensato di rispondere così: con una delle più fini pagine del rinascimento in uno stile che dell'armonia ha fatto la sua essenza.